Tax credit, le nuove norme: mai più film "invisibili"

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di Ilaria Ravarino
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Venerdì 17 Maggio 2024, 06:20

In tutto 53 pagine e 35 articoli per ridisegnare gli orizzonti del cinema italiano e risolvere questioni ancora aperte: film invisibili, dispersione di denaro pubblico, tutela delle opere più fragili, rapporto con l’intelligenza artificiale. «Abbiamo fatto una specie di tagliando», commenta da Cannes il sottosegretario Lucia Borgonzoni, raccontando al Messaggero i punti principali dell’attesissimo nuovo tax credit, il “pacchetto” di disposizioni applicative in materia di credito d’imposta per le imprese dell’audiovisivo, da oggi in discussione presso i ministeri di Economia e Finanze e Imprese e Made in Italy, operativo «si spera prima dell’estate». Al cuore del testo, l’introduzione della differenza tra “opere di mercato”, i film cosiddetti “commerciali”, e quelle più “difficili” – per esempio le opere prime e seconde, o quelle più sperimentali, dal budget massimo di tre milioni e mezzo.

Entrambe le categorie possono accedere agli sgravi fiscali previsti dal governo, ma con alcune differenze: «Se sei un film di mercato che vuole riempire le sale, devi avere il 40% del budget del film già coperto e il vincolo di un distributore. Saranno aiutati i film commerciali più solidi». Per i documentari e l’animazione “commerciali”, la soglia scende al 30%. Per le altre opere, quelle “non commerciali”, l’accesso al tax credit non prevede la copertura di parte delle spese, ma il “via libera” di una commissione di esperti (15, il numero attuale non varia) che decida in merito al valore culturale dell’operazione: «Il tax credit prima lo davamo a chiunque, e in mezzo a prodotti di grande qualità, ci ritrovavamo anche tante opere che non vedeva nessuno. Sono soldi degli italiani e non possiamo continuare a drogare il mercato con film che non trovano spazio, né ai festival né nel circuito commerciale». Quanto alle percentuali dell’assegnazione, salgono al 70% all’approvazione della richiesta preventiva e 30% alla fine, anziché 40% e 60% come adesso: il credito d’imposta, che non può superare il 50% del valore dell’opera complessiva, è riconosciuto per un massimo di 9 milioni, 18 se il 30% delle spese è coperto da altri paesi. 

I cortometraggi


Tra le altre novità, la regolamentazione del cortometraggio: per essere definito tale, ora un prodotto non deve superare i 20 minuti di durata (prima erano 52). «Era un’anomalia, così lunghi non li prendono nemmeno agli Oscar». Anche i corti possono accedere al tax credit: il budget non deve essere superiore ai 200.000 euro e il 30% delle spese deve essere coperto a monte. Tra i requisiti necessari per accedere al tax credit fa la sua comparsa il rispetto del protocollo antimolestie sui luoghi di lavoro («Non verrà più lasciato al buon cuore delle produzioni») e l’obbligo non solo di produrre, ma anche di distribuire e diffondere opere fruibili da persone con disabilità. «Se questi requisiti non vengono rispettati, niente soldi», spiega Borgonzoni. Particolare attenzione infine viene rivolta al tema dell’intelligenza artificiale. Sia nei confronti del pubblico, che dovrà essere avvertito, nei titoli di coda del film, delle parti realizzate da creatività “non umana”, sia nei confronti dei lavoratori del cinema.

Per ottenere il tax credit sarà indispensabile inserire nei contratti sottoscritti con autori, attori ed esecutori dell’opera una clausola che gli consenta di non assentire allo sfruttamento della propria immagine, o prestazione professionale, da parte di sistemi di intelligenza artificiale. In pratica: lo sceneggiatore potrà opporsi all’uso del proprio testo per “addestrare” una AI, e l’attore potrà impedire che il suo volto o la sua voce vengano replicati da chi possiede i diritti finali dell’opera. Inoltre, sono esclusi dai rimborsi i costi sostenuti per l’utilizzo dell’AI in sostituzione di prestazioni creative umane. «È il primo atto che mette nero su bianco il fatto che per accedere ai finanziamenti si debba rispettare la creatività delle persone».
Quanto all’aumento dei fondi selettivi, a discapito di quelli sul tax credit, contenuto nel decreto di riparto del fondo cinema, «è un “non problema”, visto che si hanno cinque anni di tempo per mettere nel F24 il tax credit.

Tutte le domande arrivate verranno elaborate, non abbiamo mai sforato. Poi se servono più soldi sul prossimo anno, lo valuteremo. Ma non è un problema quest’anno. E chi lo solleva perché siamo vicini alle elezioni, fa un danno a tutto il settore».

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